17 gennaio 2007

Nelle Marche niente Nestlé

La Regione Marche ha deciso di Boicottare definitivamente i prodotti Nestlé.
Brava regione Marche!
Dice la mozione votata ieri in Consiglio Regionale che "La Nestlé non è gradita sul territorio della Regione Marche" e che sarà così "finché non modificherà radicalmente i suoi comportamenti e non cesserà definitivamente di adottare tecniche di marketing scorrette in tutto il mondo".
Niente più sponsorizzazioni e appalti per lei quindi.
Chi legge questo blog da qualche tempo sa già che aderisco al boicottaggio. Ormai da tempo, e non solo a quello verso la Nestlé. Anzi, forse è il caso di inviare un'altra mail di protesta visto che avendo iniziato molti anni fa forse si sono scordati del perché non compro più un solo prodotto da loro.

Le porcate che questa multinazionale svizzera riesce a compiere giorno dopo giorno non si finisce di raccontarle. Questa qui è fresca di stampa, e parla di caffé importato e venduto illegalmente. Ma basta una ricerchina online per scoprire almeno qualcuna delle nefandezze della Nestlé. L'azienda è stanna condannata varie volte da Oms e Unicef per la faccenda del latte in polvere, ma i dirigenti negano l'evidenza. Nella Marche la Nestlé fu coinvolta in una vicenda di latte intossicato da sostanze chimiche (inchiostro). Quando ci scappa la persona in ospedale, si svegliano le coscienze. Un milione e mezzo di bambini che muoiono nel terzo mondo ogni anno a causa delle campagne pubblicitarie false della Nestlé contano assai meno.

Boicottare non costa nulla, invece di comprare un prodotto di cui si ignora provenienza e etica di produzione, si opta per l'analogo di cui si conoscono questi dati. Si evita di dare soldi a chi non si comporta in maniera corretta verso lavoratori, persone, ambiente. C'è bisogno di un po' più di pazienza, di informarsi, di andare magari a comprare qualcosa un po' più distante, di organizzarsi meglio.
I risultati ci sono, ma chiaramente non fanno notizia. Coca-Cola recentemente ha fatto un primo passo verso il dialogo, Artsana anni fa offrì migliori condizioni di lavoro ai dipendenti in Asia. Il tutto perché? Perché l'obiettivo di ogni multinazionale non è il rispetto della cliente, ma svuotargli il portafogli. E a fine anno, quello 0,005% di incassi mancati dà fastidio. Potrebbe essere di più, ma la gente è egoista, trova scuse (prima doveva inventarle, adesso gliele offrono già confezionate gli intellettualoidi), in qualche modo si riesce perciò a giustificare il fatto che si delega un'azione così importate a qualcun'altro, a un livello superiore... o forse a nessuno. E sono questi i più sinceri, quelli che di chi schiatta per produrre e distribuire il loro cioccolato, non gliene frega niente.

Etichette:

10 Sguardi lasciati:

Anonymous Anonimo ha annotato...

Il problema del boicottaggio è che per sua natura può essere facilmente aggirato, spostando e diversificando l'investimento su prodotti non di marca , quindi meno identificabili.

Ciò non implica che il boicottaggio sia completamente inutile perchè ad ogni modo genera uno spostamento di flussi di cassa, che se dovesse assumere dimensioni regionali o nazionali sarebbe importante.

Ma non per le grandissime aziende tipo Unilever, Nestle che sono piuttosto insensibili ai picchi di domanda, pur rimanendo molto sensibili ai boicottaggi di LUNGO periodo e di grande massa.

Io credo che esistano forme più efficienti, ma anche più pericolose e faticose di ostruzionismo , che colpiscono non la vendita, ma la produzione.

Non in maniera stupidamente violenta, che rende immediatamente identificabile il persecutore come una persona debole, piena di rancore ed odio e quindi facilmente e giustamnente, a mio avviso, condannabile (se pur comprensibile in alcuni casi)

Ma se lo zucchero finisce nel serbatoio, il camion non circola più.Non serve fare la barricata e bloccare uno o dieci camion, a meno che non si faccia per mille volte.

E' più difficile, ma più utile, ralletarlo. Ancora più difficile fargli consegnare mozzarella in Cina da Napoli, ma possibile.

gennaio 17, 2007 10:24 PM  
Blogger Bigio ha annotato...

"può essere facilmente aggirato, spostando e diversificando l'investimento su prodotti non di marca , quindi meno identificabili"

Ma infatti Sabrina scrive "si opta per l'analogo di cui si conoscono questi dati" e non "si compra la prima sottomarca che non è quella boicottata."

Il vero problema del boicottaggio è che la maggioranza delle persone aderisce per pura ideologia, senza informarsi né partecipare attivamente all'iniziativa. Ad esempio chi si limita a non comprare Nestlé senza farglielo sapere non sta boicottando nulla. Il senso è che la Nestlé identifichi che una piccola frazione di fatturato è persa a causa del boicottaggio. Inoltre, comprando un prodotto alternativo a caso si rischia di dare denaro ad un'azienda magari anche peggiore ma semplicemente di cui non si conoscono i dati.
Il boicottaggio è una cosa seria.

Infine, non è assolutamente vero che le grandi aziende non sono sensobili a piccoli intacchi di fatturato. Soprattutto se sono di lunga durate, come è quello della Nestlé. Vedi Cocacola di recente.

gennaio 18, 2007 10:34 AM  
Anonymous Anonimo ha annotato...

Nonostante abbia anche io dato notizia tempo addietro del parziale successo del boicottaggio contro cocacola, ho sempre un forte dubbio dell'efficacia dei boicottaggi di colossi multinazionali del genere...
Non credo purtroppo che boicottando uno o l'altro si risolva qualcosa perchè la produzione dei beni è comunque gestita in quella maniera.
Il mio dubbio è quale possa essere la maniera più efficace e possibilmente efficiente per spingere verso un cambiamento del modo di produzione...e non sono convinto che il boicottaggio possa fare molto...ma come nel caso della cocacola (boicottaggio al quale ho aderito anche se con scarsa convinzione) fortunatamente posso sbagliare...

gennaio 18, 2007 2:55 PM  
Blogger Sabrina ha annotato...

Realisticamente solo una piccola percentuale dei boicottaggi porta a dei risultati. Ma siccome non costa nulla farlo, mi chiedo perché no. Tra l'altro è vero che finalmente le aziende si stanno preoccupando sempre di più di apparire eticamente adeguate. E' merito anche del consumo critico, cioè dei consumatori che (accidenti a loro) si informano sui prodotti che comprano.

gennaio 18, 2007 4:34 PM  
Anonymous Anonimo ha annotato...

bigio: si un piccolo costante intacco funziona, ma davvero costante e deve essere rilevante in valore assoluto, non meramente rilevato.. inoltre deve essere attribuito univocamente al boicottaggio.

Inoltre, davvero credete che si possa sempre, facilmente sapere chi controlla cosa ? Può essere una informazione pubblica, ma come il diritto deve essere pubblico , ciò non implica che debba essere facilmente compreso ed accessibile. Vedasi Tronchetto dell'Infelicità

Inoltre Sab, come senz'altro sai da biologia, correlazione non implica causazione. Se le aziende si preoccupano di apparire eticamente adeguate può essere causato

1. da un rimorso di uno degli investitori chiave o da un gruppo (improbabile, possibile)
2. da un preoccupazione di mantenere neutro il marchio o connotato positivamente affinchè non si svaluti o non possa essere criticato l'operato di chi non lo difende
3.dagli effetti economici di un boicottaggio
4. da qualcosa non in questa lista

Inoltre, anche se la scelta di boicottare un marchio non costa praticamente nulla e si ripete meramente nel tempo senza costi aggiuntivi, non vuol dire che questa verrà semplificata in futuro.

Cosi' che se ad es tu vuoi boicottare il marchio X sei agevolata dalla sua presenza sulla confezione ; nel tempo , come avrai notato, le grandi casi (es Nestle) diversificano i marchi

a. vuoi per mantere i marchi già noti
b. che per distribuire il rischio

infatti relativamente poche persone si fermano costantemente a leggere le righe piccole in cui deve comparire "prodotto per Nestlè da XYZ"

Ergo, per quanto io condivida nello spirito la logica di colpire il parassitismo sfruttatore, ciò non implica che io non creda , in pratica, se non nel boicottaggio di grande massa.

Che , in ultima analisi, è frutto di una forte propaganda (es vedi Berlusconi sono tutti comunisti, specie Sab che è più rossa dei mille papaveri rossi)

Ergo, la mia incertezza è sul metodo non sulla finalità...judo ci vuole, sfruttare la forza dell'avversario...anche se io evito accuratamente di comprare Coca Cola, ma perchè è una causa fenomenale di diabete.

gennaio 18, 2007 5:57 PM  
Anonymous Anonimo ha annotato...

Cocacola però papacito, ha ceduto alle trattative con il sinaltrainal sui diritti dei lavoratori (per esempio il diritto di non essere ucciso se diventava sindacalista...), chiedendo in cambio lo stop del boicottaggio.
Il che implica che il boicottaggio è stato percepito come la causa di mancati introiti e/o comunque un danneggiamento dell'immagine del marchio che poteva causare mancati introiti.

gennaio 18, 2007 10:30 PM  
Anonymous Anonimo ha annotato...

Ti riferisci a
Boycott Coca Cola

Beh guarda, è possibile che più che il boicottaggio gli effetti siano stati prodotti da una costante campagna da parte degli aderenti al boicottaggio.

Ora SENZA pensarci, cosi' su due piedi se ti dico

NIKE

quale prima cosa/immagine ti è venuta in mente ?

A me viene in mente "usano i bambini pagandoli $1 al giorno" per cucire palloni e scarpe.

Ora NIKE è straviva e stravegeta e con molti più soldi di prima, ma tuttavia l'associazione NIKE=SCHIAVISTI per un certo qual tempo è rimasta...in particolare è rimasta in persone particolarmente sensibili al problema.

MA non necessariamente nei giovani :) che magari erano troppo piccoli per ricordare. Cosi' come chi non conosce il comunismo ed il fascismo, come forme di estremismo, non le evita ! Perchè non le conosce.

Vedi, Coca Cola tornerà alla carica..il bombardamento mediatico deve essere

1. costante
2. veritiero
3. accurato

ma non deve sterilmente demonizzare il marchio, deve collegarlo all'attività illegale ed odiosa.

Poi boicottare va bene, vai pure..tanto con un costo di $0.01 a bottiglia loro resisteranno veramente molto più a lungo di qualsiasi lavoratore.

gennaio 18, 2007 11:26 PM  
Blogger Sabrina ha annotato...

Rispondo a 2 punti del commento di Papacito:

"un piccolo costante intacco funziona, ma davvero costante e deve essere rilevante in valore assoluto, non meramente rilevato.. inoltre deve essere attribuito univocamente al boicottaggio."

Chi boicotta senza far sapere alla multinazionale che lo sta facendo, lo fa -quasi- inutilmente. Il meccanismo è che quando inizi a boicottare, invii una mail al servizio clienti. In questo modo quantificano quanta parte della perdita è dovuta al boicottaggio. Questa è la prassi. La cifra è ovviamente sottostimata, perché er ogni persona che partecipa al boicottaggio in maniera "corretta" ce ne saranno altre 5 (spesso amici e parenti) che lo fanno in maniera tacita. Quindi le aziende che vogliono quantizzare la perdita derivante dal boicottaggio e dalla cattiva pubblicità, in qualche modo possono farlo.

"Inoltre, davvero credete che si possa sempre, facilmente sapere chi controlla cosa? Può essere una informazione pubblica, ma come il diritto deve essere pubblico, ciò non implica che debba essere facilmente compreso ed accessibile."

Esiste più di una Guida al conusmo critico in giro. Viene aggiornata annualmente. Se si vuole fare le cose per bene la si compra e non c'è sottomarca che sfugga. Ma adesso abbiamo anche internet. Quanto ci vuole a scoprire tutte le marche e le sottomarche della Nestlé? Due minuti. E comunque, se te ne sfugge una o due, direi che il boicottaggio ha valore lo stesso.

Come ti diceva Bigio, "boicottare è una cosa seria". Va fatto con coscienza, informandosi e anche facendo qualche piccolo sacrificio, di tempo soprattutto. Ma non richiede un grande sforzo, e qualche volta si ottegono risultati.
La Nike se ne frega? Pazienza. Si vede che fa i soldi con le spese delle persone che non hanno interesse a finanziare chi sfrutta i lavoratori nel terzo mondo. Io continuo a non comprare le sue scarpe (e non solo quelle) perché trovo odioso darle i miei soldi. Quando deciderà di far rientrare nel bilancio quel 0,00001% che perde ogni anno a causa delle scelte di marketing sbagliate, sarò soddisfatta.
Volevo ricordare (e poi finisco!) che spesso la perdita di introiti derivati dalla cattiva pubblicità fatta dai consumatori coscienti e dal boicottaggio supera di gran lunga le spese che dovrebbero sostenere per sottisfare i criteri etici per cui li si contesta. E' il caso della Nike. Ma loro se ne fregano lo stesso.

gennaio 19, 2007 12:33 PM  
Anonymous Anonimo ha annotato...

Esatto si possono tirare fuori un bel pò di indici e di stime statistiche piuttosto ragionevoli che cerchino di descrivere gli effeti del fenomeno.

Tangenzialmente hai preso un bel punto , che per ogni persona che propaganda contro almeno n finiscono col non comprare, dopodichè è quasi certamente una crescita esponenziale senz'altro c'è qualche modello a riguardo.

Anche se molto molto intuitivamente penso che i rendimenti di questa tattica siano quantomento non crescenti nel tempo.

la perdita di introiti derivati dalla cattiva pubblicità fatta dai consumatori coscienti e dal boicottaggio supera di gran lunga le spese che dovrebbero sostenere per sottisfare i criteri etici per cui li si contesta.

E' ragionevole ipotizzare che, entro certi parametri, una minore entrata causata da minori vendite costi più di un maggiore costo dei salari.

In tal senso il boicottaggio può sollecitare un intervento preventivo, rivolto a prevenire contestazioni ragionevoli, riducendo le incertezze dei costi.

Tuttavia l'ottusità di molto management è basata su di una generalizzazione classista che vede i dipendenti come umani parassiti che sostengono ben poco rischio a fronte di paghe piuttosto elevate, peraltro loro necessarie per comperare beni e rinnovare il ciclo finanziario.Di contro, la generalizzazione opposta è quella che contrappone gli operai al management, visto come una classe di parassiti il cui contributo è sostanzialmente incomprensibile, vaporoso ed astratto e quindi intangibile.

E' una stravecchia impostazione, ma rappresentativa di un fenomeno sociale di contrapposizione classista, un classismo che n.b. conviene al terzo tra i due litiganti.

Dunque il boicottaggio rivela anche un aspetto puramente politico ed antagonista, interpretato come un tentativo di parassiti di avere maggiore ingerenza nella produzione.

Ecco dunque l'avversione ideologica al boicottaggio, ecco perchè "se ne fregano lo stesso" ...perchè non tollerano l'idea di essere spodestati dal "branco" di consumatori, che pure ironicamente dovrebbero adorare (almeno finchè pagano)

Inoltre avverso l'idea di non eccedere nello sfruttamento e di non dissanguare le "risorse umane" al termine del boicottaggio , si ergono queste domande

1. perchè avere di meno se posso avere di più (non sazietà)
2. perchè non accumulare di più non potendo prevedere con certezza il futuro , volendo mantenere il tenore di vita costante (incertezza per il futuro)
3. perchè non dargli meno, se si accontentano di meno o se non si accorgono che gli servirebbe molto di più (sfruttamento passivo)

In tal senso molte aziende , per meglio dire i loro dirigenti, dovrebbero comprendere che il rischio della formazione di una ideologia antianziendale è forte..ma la loro risposta segue criteri di presunta economicità : manganellate in testa ai dissenzienti. Purtroppo gli errori tendono a ripetersi invariati se non se ne comprendere la natura e se non ci sono persone adatte ad evitarli :-(

gennaio 19, 2007 4:06 PM  
Blogger Sabrina ha annotato...

Ultimamente un grande intellettuale italiano, Sanguineti, ha detto che in Italia occorrerebbe ripristinare "l'odio di classe". Non sono d'accordo con toni tanto accesi, ma concordo con lui sul fatto che le coscienze sono assopite e che se veramente ci fosse una concezione "classista" di operaio vs manager, magari succederebbe qualcosa in questo paese di pennacchioni.

Per il resto hai ragione, se ne fregano perché... possono farlo. Perché sarebbe come dargliela vinta, e anche dargliela vinta è un segnale, e loro non vogliono dare quel segnale. E' semplice, e anche un po' terrorizzante. Si comprende appieno che esistono due "caste" di persone, non più due classi. Chi ha il potere di fregarsene, e chi subisce le conseguenze delle scelte senza poterle cambiare.

gennaio 20, 2007 12:47 PM  

Posta un commento

<< Home