09 febbraio 2007

Dico

Leggevo su uno dei blog che visito periodicamente (InOpera) alcune interessanti riflessioni. Sono d'accordo sul fatto che le leggi devono essere create o modificate solo ed unicamente al fine di regolare una realtà che si è venuta a creare o che è cambiata. Sbagliato è fare leggi che facciano riferimento ad una realtà che non esiste, sbagliato è non farne quando una realtà è già ben presente. Poi sono saltata su un altro blog (ZeroUno) e vi ho trovato un link per un documento della Chiesa Valdese del quale riporto un passo:

"Noi vogliamo promuovere una società in cui si sia e ci si senta cittadini pienamente responsabili, in cui le persone possano scegliere consapevolmente, e quindi in modo informato, tra opzioni diverse, in cui possano convivere culture e modelli diversi. Insomma, una società al plurale e non al singolare, basata su principi di uguaglianza e solidarietà. Ma non per questo confusa e indistinta. L’attività legislativa deve servire proprio a regolare le situazioni più varie, estendendo il più possibile la definizione di diritti e doveri, riconoscendo la legittimità di una pluralità di comportamenti e modelli, religiosi e laici, privati e pubblici. La legge sul divorzio non ha forse dato la possibilità di creare nuove famiglie, definendo contemporaneamente i doveri verso quella di provenienza? E la legge sull’interruzione di gravidanza non ha combattuto la piaga degli aborti clandestini? E perché una legge sulle unioni di fatto non dovrebbe dare un maggior "ordine" all’esistenza di milioni di italiani, definendo diritti e doveri anche in quei focolari? E perché una legge sulla libertà religiosa dovrebbe farci perdere la nostra identità? Dove sta la minaccia? Insomma, non confondiamo cause ed effetti: non è la legge che crea la realtà, la legge interviene sempre a disciplinare una realtà che c’è già."

Come mai alla Chiesa Cattolica manca completamente questa capacità di muoversi, di comprendere la realtà, di essere Chiesa delle persone anziché delle istituzioni? Ne parlavo con qualcuno più esperto di me, e mi diceva che anche la Chiesa Cattolica sa cambiare, ma cambia solamente quando la sua base è completamente cambiata, perché diffida del nuovo, mentre è sicura del bene che c'è nella tradizione. Insomma "chi lascia la strada vecchia per quella nuova..." Ma può essere questa la strategia di una Chiesa nel terzo millennio? Dobbiamo veramente aspettare che il 99% dei credenti si convinca che l'omosessualità non è peccato perché venga corretto il catechismo? Non potremmo giocare d'anticipo?
Dice Gesù in un passo del Vangelo: Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?

Parole sante.
PS Oggi non volevo essere pedante, anzi mi sento malinconica. Però è andata così. Pazienza.

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