Ho visto una Zucca
La famiglia da parte di mia madre, nonne e zie varie, è ancora molto legata ad una ruralità che io ho decisamente perso. La zia sorella di mia nonna ha un piccolo pezzo di terreno nella campagna della Tuscia, e da quando è in pensione (prima era cuoca in un ristorante) passa metà della sua vita tra le vigne e gli orti, zappando e irrigando, accudendo galline e conigli, raccogliendo frutta dagli alberi.
Ieri mattina mi ha chiesto di passare da lei. Erano due anni che non mi vedeva, e con le sue amiche, mia madre, mio zio e qualche altra conoscenza di buona volontà, stavano raccogliendo l'uva. Paola mi accompagna lungo la strada sterrata che porta al terreno, quindi mi dice che aspetterà in macchina. Io scendo e mi incammino verso la capanna di lamiera dove la zia tiene al coperto i macchinari. Mi accorgo subito di aver messo delle scarpe da ginnastica e che torneranno a casa coperte di fango. Poi incontro la zia, la vedo spuntare tra i filari, con delle forbici nere in mano, un secchio pieno di grappoli, avvolta in una nuvola di moscerini (drosophila melanogaster, mi dico, da brava biologa).
Mi viene incontro sorridendo, gli occhi azzurri e il fisico rotondo, un fazzoletto in testa e il vestito sporco del lavoro di una mattinata. "Oh! E' arrivata mia nipote!" Gongola, richiamando l'attenzione degli altri, che mi salutano sorridenti affacciandosi tra i tralicci di vite. La prima cosa che mi dice è gentilissima: "Sei ingrassata!" Le rispondo vaga "Si... può darsi!" Ma lei rincara "Lo vedo dai fianchi!" La conversazione finisce lì. Due anni, quattro frasi, un sorriso.
Avrei dovuto risponderle "Anche tu stai benissimo, grazie!" ma era una di quelle situazioni dove la cosa giusta da dire ti viene in mente troppo tardi, e allora rinunci. Lei chiama a squarciagola mia madre, poi mia nonna. La guardo che torna alla vendemmia e mi rendo conto che non saprei indovinare la sua età. Lei saprebbe farlo, con la mia.
Mia madre mi accompagna all'orto, coglie fagiolini, peperoni, zucchine, melanzane, pomodori. Mi dice se voglio anche dei fichi, delle patate... La prego di smettere, che né io né Paola riusciremmo mai a mangiare tutto. Lei mi risponde "Le piante sono cariche... Non so proprio cosa la pianti a fare, tutta questa roba, tua zia!"
La frase mi ronza in testa, lì vicino c'è un pesco e la metà dei frutti sono in terra, per la gioia degli insetti. Sulle piante i pomodori sono rossi... qualcuno è già troppo maturo. Cosa li pianta a fare? Credo che chiunque saprebbe rispondere, pensandoci un po'. Persino io, nel mio toppino azzurro, con i capelli profumati di vaniglia, e le scarpe da ginnastica infangate.
Torno alla macchina dove Paola mi aspetta da mezzora. Con fatica porto tre buste di ortaggi e verdure varie. Dopo averle caricate in macchina noto un'anguria a pochi passi dalla ruota anteriore. Un'anguria! Mi avvicino e mi accorgo che invece è una zucca, una grossa zucca, ancora non matura. La pianta di zucca si allarga per tutto il terreno, estendendo dita verdi coperte di foglie tutte intorno. Non ne avevo mai vista una! Mi assale un senso di esile esistenza, come se d'improvviso mi fossi accorta che mi manca qualcosa, e che si tratta di un qualcosa di essenziale... o che perlomeno dovrebbe esserlo. O forse doveva esserlo.
Paola sbuffa quando le dico che devo tornare a casa a cambiarmi le scarpe.
Ieri mattina mi ha chiesto di passare da lei. Erano due anni che non mi vedeva, e con le sue amiche, mia madre, mio zio e qualche altra conoscenza di buona volontà, stavano raccogliendo l'uva. Paola mi accompagna lungo la strada sterrata che porta al terreno, quindi mi dice che aspetterà in macchina. Io scendo e mi incammino verso la capanna di lamiera dove la zia tiene al coperto i macchinari. Mi accorgo subito di aver messo delle scarpe da ginnastica e che torneranno a casa coperte di fango. Poi incontro la zia, la vedo spuntare tra i filari, con delle forbici nere in mano, un secchio pieno di grappoli, avvolta in una nuvola di moscerini (drosophila melanogaster, mi dico, da brava biologa).
Mi viene incontro sorridendo, gli occhi azzurri e il fisico rotondo, un fazzoletto in testa e il vestito sporco del lavoro di una mattinata. "Oh! E' arrivata mia nipote!" Gongola, richiamando l'attenzione degli altri, che mi salutano sorridenti affacciandosi tra i tralicci di vite. La prima cosa che mi dice è gentilissima: "Sei ingrassata!" Le rispondo vaga "Si... può darsi!" Ma lei rincara "Lo vedo dai fianchi!" La conversazione finisce lì. Due anni, quattro frasi, un sorriso.
Avrei dovuto risponderle "Anche tu stai benissimo, grazie!" ma era una di quelle situazioni dove la cosa giusta da dire ti viene in mente troppo tardi, e allora rinunci. Lei chiama a squarciagola mia madre, poi mia nonna. La guardo che torna alla vendemmia e mi rendo conto che non saprei indovinare la sua età. Lei saprebbe farlo, con la mia.
Mia madre mi accompagna all'orto, coglie fagiolini, peperoni, zucchine, melanzane, pomodori. Mi dice se voglio anche dei fichi, delle patate... La prego di smettere, che né io né Paola riusciremmo mai a mangiare tutto. Lei mi risponde "Le piante sono cariche... Non so proprio cosa la pianti a fare, tutta questa roba, tua zia!"
La frase mi ronza in testa, lì vicino c'è un pesco e la metà dei frutti sono in terra, per la gioia degli insetti. Sulle piante i pomodori sono rossi... qualcuno è già troppo maturo. Cosa li pianta a fare? Credo che chiunque saprebbe rispondere, pensandoci un po'. Persino io, nel mio toppino azzurro, con i capelli profumati di vaniglia, e le scarpe da ginnastica infangate.
Torno alla macchina dove Paola mi aspetta da mezzora. Con fatica porto tre buste di ortaggi e verdure varie. Dopo averle caricate in macchina noto un'anguria a pochi passi dalla ruota anteriore. Un'anguria! Mi avvicino e mi accorgo che invece è una zucca, una grossa zucca, ancora non matura. La pianta di zucca si allarga per tutto il terreno, estendendo dita verdi coperte di foglie tutte intorno. Non ne avevo mai vista una! Mi assale un senso di esile esistenza, come se d'improvviso mi fossi accorta che mi manca qualcosa, e che si tratta di un qualcosa di essenziale... o che perlomeno dovrebbe esserlo. O forse doveva esserlo.
Paola sbuffa quando le dico che devo tornare a casa a cambiarmi le scarpe.
Etichette: Sabrina
7 Sguardi lasciati:
Mi sa proprio che hai ragione quando affermi che ti "manca qualcosa".
Ritorna fra qualche settimana, quando la zucca sarà matura. Intanto i colori della campagna saranno cambiati, saranno diventati più "morbidi".
Poi fatti regalare la zucca; è bella da vedersi, anche in centro tavola, ma, soprattutto buona!
Sappimi dire.
Tante allusioni, in quel che hai scritto, probabilmente non volute, spontanee, inconsce... Questo post fa coppia con quell'altro, quello del gatto che ne sa una, almeno una, più di te.
Finalmente ti vedo, Sabri. E ti stai vedendo anche tu.
Questa visita in campagna ha qualcosa di malinconico, ma il quadro è bello, pieno di affetti e di colori. Mi piace!
:)
Ciao Genetista,
O biologa in chissa' quale campo.
Immagino che sei "emigrata" dalla Tuscia per andare a studiare biologia a Roma (magari alla sapienza!) Cosi ti sei dimenticata, involontariamente, pian piano qualche cosa..
quel qualche cosa cosa e' tornato su con tutta la sua prepotenza nonostante i laboratori le cape di aspirazione le pipette protette e sterilizzata le camere calde e quelle fredde.
Eccolo che l'aver visto alcune cose che in parte ci legano indissolubilmente con la terra ti hanno fatto pensare.
Io da parte mia ti consiglierei di ronare in queli luoghi ed eventualmente mangiarti la zucca, ma andrei oltre aiuterei la zia a fare la vendemmia a sentire il profumo del mosto e l'odore dei vicoli dei paesi medievali che costellano roma e tutta l'Italia in questo periodo.
Perche' tua zia pianta di piu' di quello che necessita? forme per una colonta atavica di dimenticare la fame italiana del dopoguerra e gioire delle pesche cadute a terra nella 2006, forse anche perche' lavorare nei campi da molta sofddisfazione nella stagione del raccolto...
IO ti consiglio di essere felice nell'esserti sporcata le scarpe forse era un segno che qualche cosa doveva succedere e farti ritornare in quella splendita terra che e' la Tuscia! Un caro saluto
Daniele, anche io biologo anche io alla sapienza anche io emigrato a Roma tanti anni fa, ora mi trovo in Indonsia (nelle Sulawesi per l'esattezza) dove sto facendo il mio PhD in botanica tropicale (si sono un botanico...bella la zucca!!!;-))(ovviamente tedesco e non Italiano...emigrato due volte!!!)
fammi sapere quali sono state le impresioni del ritorno in quel luoghi con nuovo spirito e con la volonta' (forse ancora non concretizzata) di lascirsi dietro l'asetticismo delle citta' e la necessita che tutto deve essere pulito ed igienico, esistono anche malattie per il troppo igienismo! (oddio, qui in indonesia questo problema non sussiste purtroppo le infezioni sono molto frequenti....ok ti saluto la foresta mi attende.... daniele
Daniele grazie per il tuo bellissimo commento! :D
Ho rivisto con i tuoi occhi colori di un tempo molto lontano, quando venivano descritti dai poeti, che i nostri saggi insegnanti ci facevano studiare. Ma io li ricordo anche perché ho avuto la fortuna di ammirarli nel vecchio Friuli, dove mia nonna, mia madre e due vecchie cugine compivano gli stessi gesti: semplici, puntuali e sapienti, che poi la terra premiava con altri colori ed innumerevoli profumi.
Grazie Sabrina.
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